Presentazione ansiosa

Mi chiamo Beatrice,ho diciotto anni e una passione sconfinata per i libri. Scontato? Forse sì. Nel mio amore però mi sento unica. Non vedo altro futuro se non con loro,e per questo motivo ho deciso di cimentarmi in un blog di recensioni e pensieri vari. :) Sono all'antica, scrivo ancora tutto a mano.. Questo schermo bianco mi mette un po' di ansia,lo ammetto. Spero di riuscire nel mio intento, e di trasmettere la mia passione a chi mi leggerà. Grazie per l'attenzione,gufetti! :)

domenica 27 aprile 2014

IL DESERTO DEI TARTARI

Il deserto dei Tartari è un romanzo ambiguo. Facile e scorrevole ad una prima lettura, anche banale a tratti. Ma con l'avanzare delle pagine si scoprono nuove sfumature e si comprende che nulla è lasciato al caso. Giovanni Drogo, un giovane ufficiale, viene incaricato di recarsi alla Fortezza Bastiani e lì di prestare servizio. Nonostante egli, inizialmente, faccia di tutto per andar via, vi è qualcosa che lo tiene legato al luogo e che inevitabilmente lo fa sempre tornare. Drogo sa cos'è: il desolato deserto dei Tartari che si apre verso settentrione e che giorno dopo giorno infonde nel ragazzo la speranza in qualcosa di imprecisabile. E' questa attesa, questa convinzione che "qualcosa deve pur accadere" che lo spinge a rimanere, mentre gli anni passano inesorabilmente. La sua vita non ha preso la piega che lui aveva immaginato. Intorno a lui la gente cambia, cresce, accetta il proprio destino. Ma non sempre ciò che è un bene per gli altri può esserlo per noi. Adattarsi a quella che è la "norma" infonde solo una grande amarezza. Che fare dunque? Passare una vita ad aspettare, ad avere speranze futili (secondo gli altri)? Oppure seguire i consigli di chi ci circonda, anche se non si sposano con la nostra volontà? Sono queste le domande che Dino Buzzati ci spinge a porci. La fine del libro lascia molta amarezza in bocca. D'altronde la vita stessa è così. Tanto vale viverla come più ci piace. L'autore raccontò in un'intervista che l'idea del romanzo gli nacque " dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi: molto spesso l'idea che quel tran-tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inevitabilmente la vita [...]". Sentimento comune a molti uomini questo: la paura che la nostra vita ci passi sotto gli occhi senza uno scopo preciso, senza essere vissuta appieno. Nessuno sa meglio di noi quelli che sono i nostri sogni.

venerdì 25 aprile 2014

L'ULTIMO GIORNO DI UN CONDANNATO A MORTE

L'epoca in cui vive Victor Hugo è caratterizzata da profondi cambiamenti a livello storico e sociale, ma soprattutto culturale. È il periodo infatti del romanticismo, dell' "io" al centro di tutto, dei sentimenti messi a nudo, ma innanzitutto di una grande voglia di libertà. È su questo sfondo che l'autore ci racconta la storia di un uomo di cui non sappiamo nulla: né il nome, né la condizione sociale, né il motivo della condanna. Fin dalla prima pagina però comunica il terrore per ciò che lo aspetta. Il lettore inevitabilmente si immedesima,anch'esso prova angoscia e paura , smarrimento,  mentre l'ora fatidica si avvicina. Mi è rimasto impresso il fatto che l'attesa sia di per sé una tortura. Non è tanto la morte,veloce con la ghigliottina, ma ciò che vi è prima. Il tempo sembra dilatarsi oltre misura ed insieme correre all'impazzata. Il cuore che batte, il sudore freddo, lo stomaco chiuso. Ciò che opprime è il senso di impotenza: sai ciò che ti aspetta,  ma non puoi fare nulla per cambiare le cose. Hugo non ha specificato volontariamente le generalità del protagonista. Sia che egli sia innocente, sia che egli sia colpevole,  il momento è drammatico. Prima dell'opera vera e propria egli ha posto una breve commedia, ambientata in un salotto parigino, nel quale si parla proprio del libro, pubblicato inizialmente in via anonima. Qui gli alti borghesi assumono un atteggiamento indignato, affermando che è oltraggioso scrivere dal punto di vista di un condannato. Eppure l'intento dello scrittore era proprio questo: creare dibattiti sull'argomento. Senza indignazione non c'è rivoluzione.
Al posto di quell'uomo potrebbe esserci chiunque: un ladro di infima categoria così come un nobile. È l'azione che è sbagliata. L'edizione Newton Compton Editori è davvero ben curata e l'introduzione di Arnaldo Colasanti illuminante!

martedì 22 aprile 2014

NOTRE-DAME DE PARIS

Nel 1831 a soli 29 anni Victor Hugo divenne famoso con questo romanzo, che riuscì ad oltrepassare senza difficoltà le censure dell'epoca e a porsi come pietra miliare della letteratura francese. Uno di quei libri insomma, che almeno una volta nella vita va letto. 
6 Gennaio 1482. Parigi. Non solo giorno dell'epifania, ma anche festa dei Matti per la Corte dei Miracoli,in cui tutto è lecito, perfino eleggere un proprio papa. Per le strade della città la bella Esmeralda incanta gli spettatori con danze e con canti , movimenti sinuosi e sorrisi angelici. Al suo fianco la simpatica capretta Djali, la quale, ormai addestrata, al semplice movimento di un tamburello meraviglia con vari giochetti. L'arcidiacono di Notre-Dame, Claude Frollo, uomo serio e da sempre dedito agli studi, non riesce a contrastare la passione travolgente che lo incatena alla fanciulla, fino ad arrivare ad un punto di non ritorno. Sullo sfondo della vicenda vi è Quasimodo, il campanaro zoppo e gobbo , divenuto sordo a causa del proprio mestiere. Egli vive in una solitudine completa dovuta al suo aspetto esteriore e alla crudeltà del popolo, che non esita ad odiarlo per questo fatto. Unico contatto umano è quello con Frollo, al quale Quasimodo è sottomesso in segno di gratitudine, poiché era stato lui a salvarlo quando era solo un bambino. Ultimo personaggio principale della vicenda è il capitano Phoebus, bello e statuario, ma cinico,senza scrupoli, amante del vizio e del quale si innamorerà Esmeralda. Con grande scaltrezza Hugo fa susseguire ed intrecciare le vicende, che sembrano sottoporsi alla volontà del fato, in un vortice sempre più complicato di intrighi ed incomprensioni, fino all'apice, che corrisponde con l'inevitabile tragedia. La maestosa cattedrale di Notre-Dame è anch'essa protagonista e sotto i suoi occhi si svolge l'intera storia. Mescolate all'azione vi sono molte sequenze descrittive, o addirittura interi capitoli, come ad esempio 'Parigi a volo di uccello', nel quale l'autore descrive minuziosamente la città ed i quartieri che la compongono. Un po' più lenti e difficili, è da dire, ma comunque una bella finestra per comprendere meglio le dinamiche del romanzo. Staccare il naso dal libro è quasi impossibile. Storia. Magia. Tragedia. Respiro sospeso fino all'ultima pagina. Commozione inevitabile. Questo per me è stato il primo romanzo di Victor Hugo. Mi sono interessata all'autore all'uscita del film 'I miserabili' (2012), ma non ho avuto occasione di leggerlo fino alla settimana scorsa quando in libreria tutti gli altri libri sono come scomparsi ed ho capito che era questo il libro da prendere! Attualmente sto leggendo 'L'ultimo giorno di un condannato a morte'. A presto la recensione . :)

                  Illustrazione di Quasimodo per Notre-Dame de Paris, da Alfred Barbou.

''Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l'altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di adrézarach con un sacchettino di seta, ornato da perline verdi, che era aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così poco valore che di certo il boia non li aveva voluti. L'altro, abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo. Notarono che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole e una gamba più corta dell'altra. D'altronde non aveva alcuna vertebra cervicale rotta ed era evidente che non fosse stato impiccato. L'uomo al quale era appartenuto era quindi giunto lì, e lì era morto. Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che abbracciava, cadde in polvere''.

IL CIMITERO DI PRAGA

24 Marzo 1897. Il capitano Simonino Simonini si sveglia nel suo appartamento in impasse Maubert. E' confuso e non ricorda quasi nulla della notte precedente.Per farsi tornare la memoria decide di mettere i propri pensieri su carta, come gli ha consigliato uno 'studentello' di medicina, un certo ' Froide'. In questo modo entriamo nel passato di colui che scopriamo essere un falsario, che è stato a fianco di Garibaldi in Sicilia, ha lavorato per i servizi segreti di Francia e Russia e non ha quella che si può definire una 'coscienza pulita'. Nel ripercorrere i ricordi dell'uomo veniamo a conoscenza di intrighi che hanno sconvolto il succedersi degli eventi fino alle due Guerre Mondiali. Vi sono ricordi, però, che Simonini aveva tentato di rimuovere e che tornano a galla solo grazie all'intervento del misterioso abate Dalla Piccola. Unica certezza? Il cimitero di Praga. Umberto Eco in questo romanzo utilizza l'espediente del 'manoscritto ritrovato' (in questo caso un diario), preso in prestito da Cervantes e Manzoni. Fin dalle prime pagine il romanzo scorre velocemente, e l'autore mostra tutta la sua bravura districandosi tra avvenimenti realmente avvenuti ed altri di pura fantasia. Un bel salto nella storia di fine '800 ed inizio '900, dove non manca nulla : scandali, complotti, messe nere. Talvolta l'autore si sofferma a descrivere dettagliatamente le pietanze provocando un certo languorino nei suoi lettori.. . Da alcuni è stato definito un 'fritto misto' in quanto si intrecciano storie di massoneria, carboneria, gesuiti ed ebrei. Già in precedenza Eco era stato accusato di 'eccessiva erudizione' nei propri romanzi, come 'Il nome della Rosa' (Bompiani, 1980) o ' Il pendolo di Foucault' (Bompiani, 1988). Libri definiti 'per pochi' insomma. D'altronde per un personaggio che può vantare 39 lauree honoris causa è impossibile non fare riferimento ai propri studi. E non dimentichiamo che Umberto Eco, ancor prima che romanziere, è un saggista. Fa sempre bene cimentarsi in qualcosa che sembra inizialmente ostico. Provare per credere. :)