Presentazione ansiosa

Mi chiamo Beatrice,ho diciotto anni e una passione sconfinata per i libri. Scontato? Forse sì. Nel mio amore però mi sento unica. Non vedo altro futuro se non con loro,e per questo motivo ho deciso di cimentarmi in un blog di recensioni e pensieri vari. :) Sono all'antica, scrivo ancora tutto a mano.. Questo schermo bianco mi mette un po' di ansia,lo ammetto. Spero di riuscire nel mio intento, e di trasmettere la mia passione a chi mi leggerà. Grazie per l'attenzione,gufetti! :)

martedì 27 maggio 2014

LA COSCIENZA DI ZENO

Scritto all'indomani del dopoguerra e pubblicato nel 1923 da Italo Svevo, il romanzo è presentato sottoforma di diario dal protagonista Zeno Cosini, che << si crede un malato eccezionale di una malattia a percorso lungo>>. Per guarirne si sottopone dopo molto tempo alla psico-analisi, da lui ritenuta del tutto inutile. In questo modo ripercorre la sua vita, mettendo un accento particolare sulle sue relazioni più importanti: quella con suo padre, sua moglie e la famiglia di lei ed infine con il suo caro amico Guido Speier. Attraverso il racconto notiamo come Zeno molto spesso non si sia comportato bene nei confronti di queste persone e che per zittire i rimorsi e i sensi di colpa abbia raccontato anche a se stesso delle bugie. E' così che egli ingaggia una dura lotta con la sua coscienza, la quale sembra avere la peggio. La personalità del protagonista può essere definita abulica: vi è la mancanza di volontà nel prendere una decisione o eseguire un'azione, una specie di apatia dell'anima insomma, che diventa espressione di tutta una società caratterizzata da mancanza di valori o di qualsiasi fede. Ammetto che ho comprato il libro per il solo fatto che fosse "famoso", senza alcuna curiosità, ma addirittura pensando che mi avrebbe annoiato a morte, basandosi probabilmente solo sulla psicologia dei personaggi. Fin da subito invece si è rivelato dinamico e vivace, pieno di azione,di dialoghi, di scene sia comiche che tragiche, ma anche di lunghe riflessioni e di temi profondi. Nonostante sia stato scritto agli inizi del '900 sia la lingua che le tematiche risultano totalmente moderne.Non ho amato per nulla il protagonista Zeno, che nel parlare dei propri affetti risulta talvolta freddo e calcolatore, pronto a correre dietro ad ogni gonnella e a non prendersi alcuna responsabilità. Alla fine della letture di ogni "classico", comprendo il motivo per cui esso sia diventato tale!

venerdì 23 maggio 2014

STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI

Mentre mi trovavo in ospedale una persona cara mi ha regalato questo romanzo di Markus Zusak. Ne avevo già sentito parlare molto, anche per via del film. Pensando di iniziare una lettura ''leggera'' ho lasciato stare gli altri libri che avevo portato con me. Fin dalle prima pagine però mi sono resa conto che non sarebbe stata la storia scontata che mi aspettavo: a narrare il tutto infatti vi è la Morte. Non la classica con cappuccio nero e falce, ma una dolce, che vede tramite i colori. E' lei a parlarci di Liesel Meminger, una giovane ragazza costretta a separarsi dalla mamma in seguito alla morte del padre e del fratellino. Siamo nella Germania nazista della Seconda Guerra Mondiale e le condizioni della popolazione sono tutt'altro che rosee. Giunta a Molching nella Himmelstrasse (Himmel= Paradiso) Liesel conosce la sua famiglia adottiva : gli Hubermann, con Rosa che sembra un piccolo armadio e Hans che ha gli occhi d'argento.Qui la ragazzina inizia una nuova vita legata ad un libro rubato durante il funerale di suo fratello. Unico problema: Liesel non sa leggere! E' proprio ciò che la lega ad Hans Hubermann, deciso a farle da maestro. A scuola conosce Rudy, un ragazzino dinoccolato e dai ''capelli gialli'', che presto diventerà il suo migliore amico, legati dalla passione per il calcio e da quella per il rubare. Così si svolge la vita di Liesel nella Himmelstrasse, fino all'arrivo di Max Vanderburg, un ebreo in cerca di riparo che viene ospitato segretamente nella cantina degli Hubermann. Una storia di amore incondizionato ed amicia, gentilezza ed empatia, ma anche odio e disprezzo. Le parole hanno un'importanza fondamentale: esse sono capaci di creare ma anche di distruggere. Ed è proprio sul rispetto di esse che si basa l'opera di Liesel, che da analfabeta diventerà una scrittrice. Il finale poi non risparmia una buona dose di lacrime.. Sullo sfondo il fuhrer e le città bombardate, le marce degli ebrei fino a Dachau e le camere a gas nei campi di concentramento. 

sabato 17 maggio 2014

LOLITA

Nel 1955 a Parigi venne pubblicato questo romanzo dal famoso autore russo Vladimir Nabokov, già famoso nel paese natio. Solo 3 anni dopo, nel '58, venne pubblicato anche in America, dove suscitò grande scalpore a causa del contenuto licenzioso. Ma come ci ha tenuto a precisare l'autore stesso Lolita non deve essere letto come libro pornografico, o con quella aspettativa. In effetti i riferimenti espliciti a quell'argomento specifico sono pochissimi. Tutto si concentra sulla psicologia del personaggio, che viene approfondita oltre i limiti del ''decente''. Un professore francese di mezza età, con un'inaudita passione per le cosiddette "ninfette" (bambine tra i 9 e i 12 anni con una nascosto sex appeal, secondo lui), in seguito alla morte di una parente e in vista di una cospicua eredità decide di trasferirsi in America, anche per lasciarsi alle spalle un passato non proprio lindo. Nel nuovo continente conoscerà Lolita, emblema della "ninfetta", ragazzina sfacciata e maliziosa di soli 12 anni, che gli farà perdere la ragione. In un lungo viaggio che farà tappa in varie cittadine americane, attraverso gli occhi di Humbert Humbert, il professore, possiamo osservare i prototipi di cittadini americani: la ragazzina fissata con le celebrities e i fumetti, la mamma single e pettegola che si innamora del forestiero, i vicini ficcanaso e gli amici di facciata. Il fatto che il romanzo sia scritto in prima persona ci fa calare totalmente nel punto di vista del protagonista che è duplice: infatti l'amore, la dolcezza e la totale devozione per Lolita vengono facilmente sostituiti da un atteggiamento freddo, cinico, distaccato nei confronti degli altri personaggi e delle varie situazioni. Un libro che avevo comprato solo per il suo "essere celebre", senza convinzione. Ultimamente sto avendo una "riscoperta" dei classici che mi ha fatto sorgere spontanea la domanda possibile che non abbia mai letto Lolita? Sono soddisfatta di averlo aggiunto alla lista delle mie letture. Un romanzo introspettivo, che ti cala nei più profondi recessi della mente umana, e ti mette di fronte a storie difficilmente immaginabili altrimenti. 
  

martedì 6 maggio 2014

DELL'AMORE E DI ALTRI DEMONI

Il 26 Ottobre 1949 Marquez fu incaricato di prender parte, come giornalista, al rinvenimento di alcune tombe nel convento delle Clarisse a Cartagena. Da una di esse emerse una lunghissima chioma color del bronzo. È da questa esperienza che nasce la storia di Sierva Maria, una marchesina di 12 anni, dallo spirito libero e cresciuta fin da piccola con i suoi schiavi negri. Un giorno mentre è a passaggio nel mercato della città viene morsa da un cane cenerognolo con una stella sulla fronte, colpito dalla rabbia. È da questo momento in poi che la storia si sviluppa in un crescendo di fraintendimenti, fino al momento in cui la ragazzina pur non essendosi ammalata viene reputata indemoniata. La notizia giunta al vescovo di Cartagena fa si che Sierva Maria sia rinchiusa in un convento e sottoposta a degli esorcismi e alle cure di Cayetano Delaura, braccio destro del vescovo. Il prete, conoscendo via via la ragazza, arriverà a capire come il peggiore dei demoni sia l'amore,troppo tardi però. Nel tipico stile di Marquez, veloce e fluido, la storia scorre sotto gli occhi del lettore tutta d'un fiato. La trama è inserita in un'atmosfera surreale e quasi senza tempo, con tematiche che possono essere ritenute molto attuali. La storia è senz'altro appassionante, ma io avrei desiderato una maggiore estensione, perché arrivata alla fine mi è rimasto un po ' di amaro in bocca, come se mancasse qualcosa. Ugualmente ai romanzi precedenti l'autore fa sfoggio di una grande erudizione per quanto riguarda la cultura del sud America e delle varie popolazioni che la compongono.  Se avete voglia di leggere di un amore travolgente ma combattuto , questo è il libro che fa per voi. 

domenica 4 maggio 2014

SE UNA NOTTE DI INVERNO UN VIAGGIATORE


Nel 1979 Calvino pubblicò con Einaudi questo libro, che egli stesso definì "romanzo sul piacere di leggere romanzi". Protagonista è un ipotetico Lettore che per dieci volte inizia a leggere un libro, ma per un motivo o per l'altro è costretto ad interrompersi a poche pagine dall'inizio. Si sviluppa in questo modo la storia di una persona nella quale chiunque ami leggere può immedesimarsi: infatti oltre alla trama, che comprende oltre al Lettore anche Ludmilla, la Lettrice, l'incipit di ogni romanzo appassiona in un modo tale che quando termina ci si rimane male, anche noi vorremmo sapere come va a finire. Un viaggio anche a livello 'spirituale', che porta a riflettere sul proprio rapporto con i libri. Pensandoci mi sono resa conto che (scontato da dire, lo so) sono dei veri e propri amici. La casa  sarebbe vuota e triste senza di essi. A volte mi ritrovo a fissare con adorazione la mia libreria. Ognuno mi ricorda un momento ben preciso, bello o brutto che sia, un pensiero, un odore,un rumore. Il mio rapporto con loro è esclusivo-barra-possessivo. Mi capita molto spesso di leggere anche a pranzo e a cena, quindi alcuni mostrano delle "medaglie" non poco evidenti! Ma per carità se è qualcun altro a sgualcirli.. Divento una iena! Si prova una certa emozione a leggere questo libro: capisci che "non sei l'unico", che c'è chi, come te, prova un amore sconfinato nei loro confronti, e non paura o ,peggio, indifferenza. Proprio all'uscita del romanzo il critico Angelo Guglielmi ne scrisse a riguardo un duro articolo, al quale, però, Calvino rispose con arguzia ed ironia, smontando le critiche punto per punto. Grande autore, sotto tutti i punti di vista: riesce ad essere camaleontico, eclettico, ma profondo al tempo stesso. Un'opera che rapisce,insomma. Non manca nulla,persino il lieto fine, che è tutto tranne che scontato. 



giovedì 1 maggio 2014

CENT'ANNI DI SOLITUDINE

Scrivere una recensione su un romanzo tanto importante devo ammettere che non è facile. Sento il peso della grandezza e la paura di non essere all'altezza. A meno di un mese dalla morte di Gabriel Garcìa Marquez ho deciso di leggere il romanzo che lo ha lanciato nella costellazione degli scrittori più famosi del nostro secolo e che gli valse il nobel per la Letteratura nel 1982. La storia si svolge nell'arco di molti anni nel paese di Macondo, dove si narrano le vicissitudini della famiglia Buendìa di generazione in generazione. Fin da subito si possono notare diverse cornici temporali ed una concezione circolare del tempo. La caratteristica principale di tutti i personaggi è la solitudine, come si intuisce dal titolo. Ognuno è chiuso nel proprio mondo, ha le proprie fissazioni e molto spesso non è nemmeno capace di provare affetto per i suoi stessi familiari. Marquez caratterizza il proprio romanzo con il solito realismo magico: un paese dell'america meridionale, sommerso da un'aura irreale, e dove molte vicende possono solo che essere frutto dell'immaginazione dell'autore: come il ragazzo sempre inseguito da farfalle gialle o l'ascesa al cielo di Remedios ''la bella''. In tutto ciò vi è anche un grande richiamo alla storia colombiana: la guerra dei Mille giorni (1899-1901), l'arrivo dei Nord Americani, delle società bananiere e di varie tecnologie come il treno. L'interpretazione degli accadimenti è critica: prima di tutte queste innovazioni Macondo (=Colombia) era un paese felice e fertile. Scritto nel tipico stile di Marquez il libro è semplice, veloce e scorrevole. Il significato profondo dell'opera si comprenderà solo alla fine, e sarà una scoperta costata cent'anni di solitudine. Il rapporto tra realtà e finzione diviene sempre più intrecciato,fino a raggiungere il culmine con la nascita di un bambino con la coda di maiale e alla denuncia dell'incesto, causa della distruzione della stirpe. La lettura è stata piacevole e per nulla difficoltosa, ma il significato profondo,i vari richiami storici e il livelli temporali hanno richiesto una certa riflessione. Per quanto riguarda la trama ho preferito L'amore ai tempi del colera, ma io sono di parte essendo una romanticona! Dopo alcune ricerche su internet ho scoperto che ai suoi tempi Marquez ebbe un successo travolgente ma che fu stroncato da personaggi come Pasolini che lo definì un semplice ''scenografo o costumista''. In effetti il romanzo è molto scenico, ma senza questa caratteristica, secondo me, la trama sarebbe risultata vuota o semplicistica. 
"..le stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano 
una seconda opportunità sulla terra."